Lo SmartWorking Agevolato giunge al termine ed ora?
Il mese di settembre segna la fine di un'era per molti lavoratori in Italia. Il cosiddetto "smart working agevolato," che ha consentito a un ampio spettro di dipendenti di svolgere il proprio lavoro da remoto senza la necessità di accordi individuali, giunge al termine il 30 settembre. Questa opportunità era stata estesa inizialmente dalla legge del 3 luglio 2023, la quale aveva prorogato la scadenza dal 30 giugno al 30 settembre. Ma, a partire da ottobre, i lavoratori fragili dovranno affrontare nuove sfide se desiderano continuare a lavorare in modalità agile.
Tuttavia, è importante sottolineare che questa fine non significa la cessazione completa dello smart working, ma solo la fine della procedura semplificata senza accordi individuali. I lavoratori fragili che desiderano continuare con questa modalità di lavoro dovranno stipulare un "contratto" specifico con il loro datore di lavoro. Questo contratto dovrà essere conforme ai piani dell'azienda nel caso dei dipendenti privati o delle amministrazioni pubbliche per i dipendenti del settore pubblico.
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La scadenza di fine settembre ridurrà quindi il numero di beneficiari dello smart working agevolato, ma alcune categorie di lavoratori continueranno a beneficiarne fino al 31 dicembre. Queste due categorie includono:
Lavoratori dipendenti del settore privato con almeno un figlio minore di 14 anni: Questi lavoratori potranno continuare a lavorare in modalità agile, a condizione che non ci sia un altro genitore che beneficia di strumenti di sostegno al reddito e che non vi sia un genitore non lavoratore.
Lavoratori dipendenti più esposti al rischio di contagio dal virus Sars-CoV-2: Questi lavoratori, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, potranno continuare a lavorare in modalità agile. Questa categoria include persone di età avanzata, con immunodepressione, con esiti di patologie oncologiche, sottoposte a terapie salvavita o con comorbilità che aumentano il rischio di contagio.
Negli ultimi anni, molte aziende hanno abbracciato lo smart working, trasformando radicalmente il modo in cui il lavoro viene svolto e aprendo la strada a nuove tendenze come il "workation" e il "nomadismo digitale."
In Italia, ad esempio, l'agenzia digitale Caffeina ha introdotto l'approccio "Work From X," che offre diverse modalità di lavoro, tra cui il lavoro in ufficio ("Work From Office"), il lavoro in luoghi vicini alle sedi dell'azienda ("Work From Close By"), il lavoro da qualsiasi luogo ("Work From Anywhere") e il lavoro completamente remoto ("Work From Remote").
Tim, un importante operatore di telecomunicazioni, consente ai suoi 32.000 dipendenti di lavorare in smart working fino a tre giorni a settimana e ha recentemente avviato un progetto pilota che permette a 100 dipendenti di lavorare in modalità completamente remota.
Microsoft, d'altra parte, ha introdotto una politica chiamata "Discretionary time off" negli Stati Uniti, concedendo ai dipendenti ferie e permessi illimitati a loro discrezione, previa autorizzazione dei responsabili.
Questi sviluppi stanno aprendo la strada al "workation," che consente ai lavoratori di continuare a lavorare gestendo autonomamente il loro tempo, anche durante le vacanze. Questa tendenza è in linea con l'aumento del "nomadismo digitale," un fenomeno che coinvolge professionisti specializzati che lavorano in remoto mentre viaggiano e vivono in diversi luoghi. Si stima che ci siano almeno 35 milioni di nomadi digitali in tutto il mondo, con guadagni medi mensili superiori a 1600 euro. Se si unissero in un unico paese, costituirebbero una delle economie più ricche del mondo per reddito pro capite e popolazione.
Il nomadismo digitale offre un'opportunità imperdibile per le aziende che desiderano attirare talenti al di fuori dei loro confini geografici. Le imprese non sono più limitate nella ricerca di personale a livello locale, ma possono cercare candidati in tutto il mondo che abbiano le competenze desiderate. Questo approccio può aumentare la fidelizzazione dei dipendenti e migliorare la qualità del processo di selezione.
Tuttavia, nonostante queste opportunità, lo smart working in Italia è ancora relativamente limitato. Solo il 14,9% degli occupati svolge parte del loro lavoro in modalità remota, nonostante il potenziale per raggiungere quasi il 40%. Le piccole imprese, con meno di 5 dipendenti, sono particolarmente restie a implementare il telelavoro, con l'84% dei loro lavoratori impegnati in attività che non possono essere svolte a distanza. Al contrario, nelle aziende più grandi, questa percentuale si riduce notevolmente.
Inoltre, le differenze di settore e professione sono evidenti, con professioni intellettuali ed esecutive che sono più inclini al telelavoro rispetto a professioni non qualificate. I dati dimostrano che le persone con una laurea, i dipendenti delle grandi aziende, i lavoratori nei servizi e i dipendenti pubblici sono più propensi al telelavoro rispetto ad altre categorie. Inoltre, si rilevano leggere disparità regionali, con una maggiore inclinazione al telelavoro nel Nord Ovest e nel Centro Italia.
La percezione dello smart working varia anche tra uomini e donne. Gli uomini apprezzano la maggiore autonomia, mentre le donne sono più preoccupate per le prospettive di carriera, i diritti sindacali e il controllo del datore di lavoro.
A livello europeo, l'Italia ha visto una crescita significativa nel telelavoro negli ultimi anni, ma il tasso di crescita si è rallentato nel 2021. Tuttavia, alcuni paesi europei, come i Paesi Bassi, hanno raggiunto tassi di telelavoro molto più elevati.
In sintesi, mentre lo smart working continua a evolversi e a offrire nuove opportunità, ci sono ancora sfide significative da affrontare in Italia per massimizzare il suo potenziale e adattarlo alle esigenze dei lavoratori e delle aziende. La pandemia ha accelerato il cambiamento, ma ora è il momento di riflettere su come implementare in modo efficace queste nuove modalità di lavoro nel panorama lavorativo italiano.
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