American Express vince un ricorso da 24mila euro su carta clonata

La Cassazione ha emesso un'ordinanza (n. 19400) che ha respinto il ricorso di un commerciante di diamanti contro la decisione della corte d'Appello. Quest'ultima, contrariamente al Tribunale, aveva escluso la responsabilità di American Express nel corrispondere al gioielliere la somma di oltre 24mila euro relative a transazioni effettuate con una carta di credito clonata. La base di questa decisione giuridica si fonda sul mancato rispetto da parte del commerciante delle condizioni contrattuali, in particolare l'annotazione dei dati dell'acquirente sugli scontrini del Pos.

Secondo la Corte, American Express non è tenuta a coprire la perdita subita dal commerciante di diamanti, sia per la responsabilità in caso di clonazioni che perché il cliente, falso titolare della carta, aveva ritirato la merce il secondo giorno. Questo fatto aveva indotto il commerciante a non dubitare della legittimità delle operazioni. Tuttavia, la buona fede del venditore non è sufficiente se non è stato adottato un comportamento corretto di fronte a un'operazione sospetta.

La Corte ha evidenziato che il venditore ha consentito la frazionamento della spesa in cinque operazioni di considerevole importo nell'arco di 15 ore, una modalità di esecuzione che richiedeva cautela. La mancanza di annotazione dei dati dell'acquirente sugli scontrini è stata considerata un adempimento indispensabile previsto dal contratto sottoscritto tra le due parti.

La difesa del venditore aveva sostenuto che American Express era tenuta a tutelare l'inviolabilità delle bande magnetiche delle carte di credito. Tuttavia, la Corte ha respinto questa tesi, sottolineando che il diritto di addebitare al gestore le spese è subordinato al rispetto delle condizioni contrattuali, tra cui l'annotazione dei dati dell'acquirente.

Gli importi di maggior valore relativi alle operazioni fatte il secondo giorno non hanno influenzato la decisione della Corte. Nonostante il sistema di American Express avesse già processato le operazioni precedenti come legittime, la mancanza di annotazione dei dati dell'acquirente sugli scontrini ha reso il comportamento del venditore colposo.

In conclusione, la Cassazione ha affermato che non sono applicabili gli articoli 1189 e 1992 del Codice civile, relativi al pagamento del creditore apparente e alla presentazione dei titoli di credito, in quanto non sono equiparabili alle carte di credito. La decisione sottolinea l'importanza per i commercianti di seguire scrupolosamente le condizioni contrattuali e adottare precauzioni appropriate per evitare situazioni di frode.

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