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Concessioni balneari in Italia – Il mare è decisamente mosso

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Redazione Financial Panorama

La disputa sulla gestione delle concessioni balneari in Italia ha raggiunto un punto cruciale, con il governo che si appresta a negoziare con la Commissione Europea solo la messa a gara delle spiagge teoricamente concedibili. Tuttavia, i criteri utilizzati per determinare la concessibilità delle spiagge sono oggetto di accese controversie.

La relazione redatta dal tavolo tecnico di Palazzo Chigi, datata 6 ottobre e visionata dal Sole-24 Ore, rivela che il 33% della costa esaminata è già in concessione o soggetta a istanze, mentre il restante 67% è teoricamente concessibile. La controversia sorge sulla conclusione che non esiste una "scarsità di risorsa naturale", criterio fondamentale secondo la direttiva europea Bolkestein sui servizi del 2006, recepita in Italia nel 2010.

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La storia delle concessioni balneari in Italia affonda le radici nel regio decreto 327 del 1942, il Codice della navigazione, che durante l'era fascista riconosceva una preferenza per i concessionari precedenti. La svolta avviene nel 2006 con la direttiva Bolkestein, che stabilisce la necessità di gare per le concessioni quando queste sono limitate a causa della scarsità delle risorse naturali. La situazione diventa caotica negli anni successivi a causa dell'assenza di una mappatura attendibile delle aree demaniali.

Le successive proroghe, emanate attraverso vari decreti e leggi, hanno portato a una serie di scadenze, l'ultima delle quali è stata firmata dal governo Meloni nel decreto 198 del 2002, estendendo il termine fino al 31 dicembre 2024 o addirittura al 31 dicembre 2025 in presenza di ragioni oggettive che impediscono la conclusione delle gare.

La gestione del demanio marittimo è un ambito di legislazione concorrente fra Stato e regioni. Le regioni hanno elaborato discipline settoriali, con l'approvazione di strumenti pianificatori a carico dei comuni. Tuttavia, la relazione di Palazzo Chigi sembra non aver tenuto conto dei limiti regionali sulla percentuale minima di spiaggia libera, focalizzandosi sulla concessibilità generale della costa senza considerare le specificità locali.

La Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione nel 2020, ancora aperta, e potrebbe avanzare verso la fase del parere motivato se il governo italiano non convincerà Bruxelles con i dati del tavolo tecnico. La Corte di Giustizia Ue, inoltre, ha già dichiarato la disapplicabilità di proroghe e ha sottolineato l'obbligo di gara.

Il governo italiano, nella sua relazione, ha sottolineato di aver stimato la concessibilità sulla base di dati nazionali, adottando un approccio generale e astratto. Tuttavia, ha aperto la porta a rivalutazioni delle specifiche situazioni territoriali in futuro.

Resta da vedere se questa posizione riuscirà a convincere i funzionari di Bruxelles, mentre l'Italia cerca di risolvere una delle questioni più lunghe e complesse in materia di liberalizzazione delle attività economiche nel paese.

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