COP28: Il processo di ecologizzazione del pianeta va a rilento
Politica
La Conferenza delle Parti sul Clima (COP28) ha concluso i suoi lavori a Dubai, lasciando dietro di sé un mix di speranze e preoccupazioni per il futuro sostenibile del pianeta. Sebbene il nucleare abbia guadagnato spazio e attenzione, emerge chiaramente che la transizione verso un mondo a basse emissioni di carbonio sarà molto più complessa di quanto inizialmente presentato, sia per le sfide geopolitiche che per quelle tecniche.
Uno dei momenti chiave della COP28 è stato il Net Zero Nuclear Summit, dove è stata posta l'attenzione su una delle sfide più pressanti: la decarbonizzazione dell'industria siderurgica. L'aumento previsto della domanda di acciaio entro il 2050 solleva interrogativi critici sulla fonte di energia necessaria per la sua produzione. Attualmente, il processo di fabbricazione dell'acciaio comporta la riduzione dell'ossido di ferro, che può avvenire attraverso il carbonio (generando CO2) o attraverso l'idrogeno (richiedendo idrogeno pulito). Inoltre, il calore ad altissima temperatura necessario può derivare da un altoforno (generando nuovamente CO2) o da un forno ad arco elettrico (richiedendo elettricità pulita).
La sfida diventa evidente quando si considera che per decarbonizzare l'intera produzione mondiale di acciaio entro il 2050, sarebbero necessari quasi 900 reattori nucleari da 1 GW o una superficie equivalente al doppio della Sardegna ricoperta da pannelli solari. Con la produzione mondiale di acciaio attualmente al secondo posto per consumo energetico, l'urgenza di affrontare questa sfida è indiscutibile.
Tuttavia, nonostante gli sforzi e gli impegni assunti nella lotta contro il cambiamento climatico, gli scenari prospettici sono preoccupanti. La limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C sembra un obiettivo sempre più elusivo, con previsioni che indicano un aumento di 3,2°C se tutti gli impegni non vengono rispettati. Questo scenario presenta rischi significativi per gli ecosistemi e i fenomeni atmosferici, con conseguenze difficili da prevedere.
Inoltre, la resistenza dell'industria petrolifera globale alla transizione energetica è evidente, come dimostrato dalla lettera dell'OPEC ai suoi membri. La necessità di negoziare con questi paesi è cruciale, dato il loro controllo sulle fonti energetiche flessibili ed economiche, influenzando la transizione nei paesi emergenti. Un appello è stato lanciato affinché l'Occidente compia investimenti significativi per rendere le tecnologie pulite economicamente attraenti anche per i paesi in via di sviluppo.
Tuttavia, una nota positiva emerge dal rinnovato interesse per il nucleare alla COP28. Ventiquattro paesi, tra cui USA, UK, Francia, Corea del Sud, Marocco, Mongolia, Ghana ed Emirati Arabi, hanno firmato un impegno a triplicare la potenza nucleare installata a livello globale. La Polonia ha annunciato la costruzione di 24 reattori nucleari, mentre in Australia il ritorno al nucleare è incluso nel programma politico di un partito di opposizione.
Un aspetto significativo è l'avvio di una cooperazione tra USA, UK, Canada, Giappone e Francia per stabilire una catena di approvvigionamento di uranio interamente occidentalizzata, riducendo la dipendenza da fornitori "problematici" come la Russia.
Tuttavia, le criticità persistono. L'Italia, ad esempio, sembra inadeguata a fronteggiare la sfida, con la discussione nucleare limitata e un'enfasi insufficiente sulla riduzione delle emissioni nella strategia del paese. La presenza di "greenwashing" e la mancanza di azioni concrete sono ulteriori fonti di preoccupazione.
In conclusione, la COP28 ha posto in evidenza la complessità della transizione verso un futuro sostenibile. Mentre il nucleare guadagna terreno, le sfide rimangono immense, richiedendo un impegno globale e azioni concrete per affrontare la crisi climatica in modo efficace e tempestivo. La speranza è che il trend positivo verso il nucleare possa continuare, contribuendo a plasmare un futuro energetico più pulito e sostenibile.
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