Il Digital Service Act è un bavaglio mascherato? La posizione della Lega

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Negli ultimi anni, il mondo è stato testimone di un crescente dibattito sulla libertà di espressione e la regolamentazione del contenuto online. L'Unione Europea non è stata immune da questo dibattito, e recentemente ha adottato una nuova normativa nota come il "Digital Act" per affrontare le sfide legate alle fake news e al bullismo digitale. Tuttavia, questa nuova legge ha suscitato un acceso dibattito, con accuse di censura e paragoni alla "cinesizzazione" della libertà di espressione in Europa.

La Lega, attraverso i suoi europarlamentari, ha fatto sentire la sua voce in modo deciso. Per i rappresentanti del partito, il Digital Act è stato bollato come un passo verso la limitazione della libertà di espressione e una minaccia alla diversità di pensiero. Marco Campomenosi e Alessandra Basso hanno sottolineato che "da domani in questa Europa che da anni non cresce e già destinata alla deindustrializzazione e all'irrilevanza sugli scenari globali, saremo anche tutti un po' meno liberi." Questo punto di vista riflette la preoccupazione che la nuova normativa potrebbe permettere a qualcuno di censurare il contenuto online, persino con il pretesto della lotta alle "fake news."

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Il Digital Act, nella visione della Lega, rappresenta un pericoloso passo verso la "cinesizzazione" del concetto di libertà di espressione in Europa. La preoccupazione principale sembra essere che, in nome della protezione dei cittadini dai contenuti dannosi, si possa giungere alla limitazione della diversità di opinioni e alla messa ai margini di pensieri alternativi. Inoltre, la Lega accusa la Commissione Europea di spendere molti soldi pubblici per promuovere sé stessa e le idee dei partiti che l'hanno sostenuta, contribuendo così a una percezione di mancanza di neutralità.

Susanna Ceccardi, europarlamentare della Lega, è stata ancor più perentoria nella sua critica al Digital Act. Ha girato un video con un bavaglio tirato fino sopra il naso per simboleggiare il suo dissenso rispetto alla nuova legge. Ceccardi ha affermato che il Digital Act potrebbe autorizzare qualcuno a cancellare il contenuto dei pensieri dei cittadini, anestetizzando il pensiero critico, la satira e le opinioni sgradite ai "guardiani del pensiero unico globale."

È importante notare che il Digital Act non si limita a regolamentare i social media, ma coinvolge anche i principali motori di ricerca, come Google e Bing, e aziende big tech come Amazon, Google Play, Apple, Zalando e Booking. Queste aziende dovranno identificare, segnalare e analizzare i rischi sui contenuti ritenuti "dannosi per i diritti fondamentali dei cittadini" e sottoporsi ai controlli delle autorità comunitarie.

Tuttavia, il contesto politico in cui è stata adottata questa legge aggiunge un elemento di sospetto. Il Digital Act è stato approvato dieci mesi prima delle elezioni europee e poco prima dell'inizio della campagna elettorale. Questo ha portato alcuni a pensare che ci possa essere un'agenda politica dietro questa nuova normativa.

In conclusione, il Digital Act ha suscitato un dibattito acceso sulla libertà di espressione in Europa. Mentre alcuni vedono la normativa come un passo necessario per combattere la disinformazione e il bullismo digitale, altri temono che possa aprire la porta alla censura e alla limitazione della diversità di pensiero. La discussione su come bilanciare la protezione dei cittadini online con la preservazione della libertà di espressione è destinata a continuare nei prossimi anni.

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Autore:

Redazione Financial Panorama

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