Imprese italiane – I dati parlano di chiusure e fallimenti

Picture of Redazione Financial Panorama
Redazione Financial Panorama

Dopo un periodo di oltre un anno segnato dalla continua decrescita, l'economia italiana si trova ad affrontare una svolta critica, con i fallimenti e le chiusure d'impresa che tornano ad aumentare, secondo il recente rapporto del Cerved. Nel secondo trimestre del 2023, oltre 12.000 imprese hanno abbassato le saracinesche, evidenziando un aumento dei fallimenti del 1,5% e una significativa impennata del 26,1% nelle liquidazioni volontarie.

Il report intitolato 'Le chiusure d’impresa nel 2q 2023 e gli impatti sull’economia reale' sottolinea un cambiamento di tendenza preoccupante. Nel secondo semestre del 2023, 2.070 imprese sono fallite, un aumento rispetto ai 2.039 fallimenti registrati nel 2q del 2022. Le liquidazioni in bonis, che indicano chiusure volontarie, sono salite a 10.446, rispetto alle 8.282 registrate nello stesso periodo dell'anno precedente.

PUBBLICITÁ

Le principali vittime di questa crescente ondata di fallimenti sono le piccole e medie imprese del nord-est (+12,1%) e del centro Italia (+11,6%). La crisi di liquidità e l'allungamento dei tempi di pagamento verso i fornitori sono state individuate come i principali fattori che influiscono negativamente sulle PMI. Questi ritardi spesso sfociano in mancati pagamenti, mettendo a dura prova la sostenibilità finanziaria delle imprese.

Nel secondo trimestre del 2023, le ditte individuali hanno subito un aumento del 27,7% nei fallimenti, mentre le società di capitali hanno registrato un modesto incremento del 0,3%. Le aziende con un fatturato compreso tra 2 e 10 milioni di euro sono state particolarmente colpite, con un aumento del 44,8%.

L'industria ha subito un aumento del 5,2% nei fallimenti, mentre alcuni servizi hanno registrato incrementi significativi, in particolare i produttori di forno (+84,6%), alberghi (+50%) e ingrosso costruzioni (+30%). Anche settori come i servizi sanitari, le lavorazioni meccaniche e metallurgiche, la carpenteria metallica, i servizi informatici e software e la ristorazione hanno mostrato segni di sofferenza, con aumenti compresi tra il 20% e il 33,3%.

Le imprese del nord-ovest (+30,7%), del centro (+27,4%) e del Mezzogiorno (+23,5%) hanno registrato i tassi più elevati di chiusure volontarie. In particolare, si evidenziano aumenti significativi in regioni come l'Umbria (+72,5%), Calabria (+42%), Sardegna (+41%) e Sicilia (+39%).

Secondo il Cerved, l'aumento dei fallimenti e delle liquidazioni volontarie sono fenomeni distinti. Il fallimento di un'impresa è un processo di deterioramento che si sviluppa nel tempo, spesso preceduto da una riduzione del volume d'affari. D'altra parte, le liquidazioni volontarie sono indicatori istantanei di aspettative imprenditoriali in peggioramento, spesso legate a margini insufficienti per continuare l'attività.

Il CEO di Cerved, Andrea Mignanelli, sottolinea che l'impennata dell'inflazione e l'accompagnato rialzo dei tassi di interesse si sono manifestati in modo asimmetrico sulle imprese. La gestione tempestiva di segnali di allarme e situazioni di crisi, attraverso l'utilizzo di dati, algoritmi predittivi e tecnologia, diventa quindi cruciale in un contesto economico sempre più incerto.

In conclusione, l'aumento dei fallimenti e delle chiusure d'impresa in Italia nel 2023 richiede un'analisi attenta e misure immediate per sostenere il tessuto imprenditoriale e prevenire ulteriori contraccolpi sull'economia nazionale.

Condividi questo articolo

Autore:

Redazione Financial Panorama

PUBBLICITÁ