La complessità del nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza in Italia

Il 15 luglio 2022, è entrato in vigore il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, rappresentando un cambiamento significativo nel panorama legale italiano. Questo codice, il D.lgs. n. 14/2019, ha introdotto importanti modifiche, affiancando la già esistente norma antisuicidi, legge 3/2012, che prevedeva l’esdebitazione, ovvero la cancellazione dei debiti, per coloro privi di partita IVA. L'obiettivo dichiarato era quello di armonizzare le procedure di insolvenza, esdebitazione e interdizioni, al fine di facilitare il corretto funzionamento del mercato comunitario, ma finora sembra non aver prodotto i risultati sperati in Italia.

La norma si applica sia alle persone fisiche che alle società. Le persone fisiche coinvolte in una procedura di liquidazione giudiziale possono liberarsi dei debiti non soddisfatti durante il processo. In teoria, ciò consente loro di avviare una nuova attività imprenditoriale senza debiti pregressi, anche se questa possibilità è spesso limitata dallo spossessamento dei beni e dalla difficoltà di accedere al sistema bancario.

L’esdebitazione delle società, d'altra parte, ha efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili, consentendo loro di beneficiare automaticamente dell’esdebitazione della società stessa. Tuttavia, nonostante gli sforzi per armonizzare la legislazione in linea con la direttiva Insolvency dell'Unione Europea, sembra che l'Italia non abbia ancora completamente recepito gli obiettivi desiderati.

Uno dei principali ostacoli è rappresentato dalla lunghezza delle procedure, che spesso si protraggono per anni. Questo, unito alla minaccia di persecuzione penale, anche in assenza di intenti fraudolenti da parte degli imprenditori, ha il risultato paradossale di disincentivare la riabilitazione dell’imprenditore stesso. La paura di indagini penali, talvolta basate solo su sospetti di imprudenza o errori contabili, scoraggia la fiducia nel sistema e impedisce di conseguire i benefici sociali di una riabilitazione più rapida.

Inoltre, la mentalità retrograda che persiste nella società italiana considera spesso l’imprenditore fallito come disonesto, aggiungendo un peso psicologico agli imprenditori che cercano di risollevarsi dopo un fallimento. La sfida per la politica italiana è superare questa visione giustizialista e investire nella fiducia verso gli imprenditori, incoraggiando un clima più favorevole alla ripresa economica.

Finché l'Italia non sarà in grado di instillare questa fiducia, sarà difficile aspettarsi che finanziatori e imprenditori esteri guardino al paese con la stessa prospettiva positiva riservata ai concorrenti europei o mondiali. La necessità di una revisione sistematica e di un cambiamento culturale è evidente, poiché il paese cerca di colmare il divario tra le aspettative della direttiva Insolvency e la realtà delle sue pratiche legali ed economiche.

SCRilievoImpresa, SCImpreseItaliane

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