Le dimensioni aziendali italiane andrebbero riviste?

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Sono molteplici le sfide che il governo italiano, le aziende e i lavoratori devono affrontare per dare una svolta positiva al panorama economico del Paese. In un contesto in cui il "piccolo e bello" è stato a lungo sostenuto dalla politica ma sottovalutato dalle rappresentanze datoriali, è urgente riconsiderare gli approcci delle attività d'impresa, concentrando l'attenzione su diversi aspetti critici.

Uno dei punti cruciali è rappresentato dalla struttura delle filiere industriali italiane, che costituiscono il cuore pulsante delle produzioni nazionali e dell'export. Tuttavia, la realtà è che queste filiere sono in gran parte composte da piccole e micro imprese. Queste realtà aziendali, se da un lato forniscono una parte significativa della componentistica, dall'altro sono sempre più sottoposte a pressioni da parte dei committenti stranieri, i quali impongono condizioni contrattuali restrittive in termini di prezzi, tempi di consegna e penalità per ritardi.

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Essere piccoli in un'economia globale, soprattutto in un Paese come l'Italia caratterizzato da una burocrazia e costi elevati, diventa un rischio imprenditoriale significativo. La nostra economia ha sofferto di bassa crescita per almeno cinque decenni, durante i quali si sono avvicendate al potere forze politiche diverse. In questo periodo, il numero delle grandi e medie imprese è diminuito costantemente, portando a un progressivo trasferimento delle posizioni di leadership nelle filiere industriali nelle mani di aziende estere.

Attualmente, l'Italia si trova a dover affrontare sfide come il costo del denaro, la perdita del potere di acquisto delle famiglie e il calo della domanda di export. In questo contesto, diventa essenziale affrontare in modo costruttivo il tema delle dimensioni aziendali. La possibilità per le imprese di accedere a ordini e finanziamenti bancari meno stringenti è cruciale per la riposizionare l'economia italiana a livello europeo.

La Germania e la Francia, nel corso degli ultimi 25 anni, hanno fatto crescere il loro Pil di oltre il doppio rispetto all'Italia. Non è una questione di imprenditori migliori, ma di capacità di gestione e organizzazione del business. Gli imprenditori italiani hanno dimostrato di saper cavalcare l'export in modo eccellente. Tuttavia, la disparità nelle condizioni di accesso ai finanziamenti e nei trattamenti bancari tra le imprese italiane e quelle tedesche e francesi rappresenta un ostacolo significativo.

Governo e rappresentanze datoriali dovrebbero, pertanto, delineare una politica industriale volta a incentivare gli investimenti con risorse proprie per favorire l'espansione delle dimensioni aziendali. Norme fiscali accattivanti per chi decide di investire nell'evoluzione e nella crescita delle imprese dovrebbero diventare una priorità. L'obiettivo è riportare almeno in parte la guida delle nostre filiere industriali sotto il controllo di imprese a capitale italiano, promuovendo una crescita economica sostenibile e competitiva a livello europeo.

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