Occupazione italiana, il dato strutturale è il vero allarme

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Il mese di luglio 2023 ha visto una diminuzione significativa degli occupati in Italia, con una riduzione di 73.000 unità rispetto al mese precedente, segnando così il primo segnale di calo occupazionale dopo sette mesi di crescita. Tuttavia, è importante valutare questi dati in una prospettiva annuale, in cui si registra un aumento di 362.000 occupati rispetto a luglio 2022. Questa contrazione congiunturale solleva domande sulla direzione del mercato del lavoro e su possibili cause, ma è troppo presto per trarre conclusioni definitive.

Uno dei dati preoccupanti è il tasso di disoccupazione, che è aumentato al 7,6%. Tuttavia, dobbiamo fare attenzione a non trarre conclusioni affrettate basate su un singolo dato congiunturale. È importante considerare i fattori strutturali che influenzano il mercato del lavoro italiano.

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In primo luogo, va notato che luglio e il terzo trimestre in generale segnano tradizionalmente una temporanea flessione dell'occupazione. Questo è dovuto alla risoluzione di un gran numero di contratti a termine alla fine di giugno in vari settori e alla scadenza dei contratti per i precari della scuola a luglio. La destagionalizzazione potrebbe contribuire a ristabilire la normalità nei prossimi mesi.

Inoltre, è importante sottolineare che si tratta di dati provvisori di un'indagine campionaria, e la diminuzione stimata potrebbe rientrare nel margine d'errore. Le revisioni dell'Istituto nazionale di statistica (Istat) sono generalmente molto piccole, il che suggerisce che questa variazione potrebbe non essere così significativa come sembra inizialmente.

Tuttavia, la vera preoccupazione dovrebbe concentrarsi sui dati strutturali. In particolare, il tasso di occupazione è sceso al 61,3%, dopo il picco del 61,5%. Questo solleva preoccupazioni a lungo termine, poiché l'Italia rimane significativamente indietro rispetto ai Paesi più sviluppati in Europa in termini di tasso di occupazione medio. Nel 2022, la media europea era del 75% per le persone tra i 20 e i 65 anni, mentre in Italia si è fermata al 64,8%.

Questo divario di 10 punti è motivo di preoccupazione, poiché significa una mancanza di forza lavoro, contributi insufficienti al sistema pensionistico e la necessità di politiche strutturali per colmare questo divario.

I dati demografici giocano un ruolo fondamentale nella situazione attuale. La popolazione italiana sta subendo cambiamenti significativi, con una diminuzione della popolazione tra i 15 e i 49 anni e un aumento tra i 50 e i 64 anni. Questo solleva la questione di se sia sostenibile far andare tutti in pensione prima. Inoltre, questo calo demografico ha contribuito alla crescita dei contratti a tempo indeterminato e al calo di quelli a termine, poiché le aziende cercano di trattenere i lavoratori all'interno delle loro organizzazioni.

Tuttavia, anche il lavoro standard, che include dipendenti a tempo indeterminato e autonomi con dipendenti a tempo pieno, è diminuito dal 65% nel 2000 al 59,5% nel 2022. Questo solleva interrogativi sulla possibilità che il calo demografico abbia un impatto più significativo sulla tendenza a ridurre il lavoro standard nel lungo termine.

Inoltre, ci sono sfide economiche globali che potrebbero influenzare ulteriormente la situazione in Italia. L'invasione dell'Ucraina, i problemi finanziari in Cina e le sfide economiche negli Stati Uniti e nell'Eurozona sono tutti fattori che possono avere un impatto sul mercato del lavoro italiano.

In conclusione, mentre il calo congiunturale nell'occupazione a luglio 2023 è motivo di attenzione, è troppo presto per allarmarsi. È invece essenziale concentrarsi sui problemi strutturali che richiedono politiche a medio-lungo termine per affrontarli. I segnali che il governo darà attraverso i suoi impegni finanziari avranno un impatto diretto e indiretto su salari, inflazione e mercato del lavoro e saranno cruciali per plasmare il futuro dell'occupazione in Italia.

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