Rivoluzione tecnologica sotto pelle: La storia di Mattia Coffetti
Tecnologia
Il nome di Mattia Coffetti è diventato un'icona dell'innovazione bio-tecnologica, emergendo dalle cronache estive grazie a un'intervista dell'ANSA. A 35 anni, Coffetti, un appassionato di informatica fin dai tempi delle scuole medie, ha abbracciato il mondo della sicurezza informatica, ma la sua storia ha preso una svolta insolita quando ha deciso di diventare un "biohacker" impiantandosi microchip sottopelle nelle mani.
Il suo primo esperimento risale al 2019, con un microchip programmabile tra l'indice e il pollice della mano sinistra. Questo dispositivo, delle dimensioni di una chiavetta USB, può essere utilizzato per sbloccare il telefono o scambiare contatti. Successivamente, ha aggiunto un microchip più grande, simile a quelli delle carte di credito, che gli consente di effettuare pagamenti contactless appoggiando semplicemente la mano al lettore.
Dopo un'intervista con un giornalista, la storia di Coffetti è diventata virale, attirando l'attenzione di media nazionali e suscitando reazioni contrastanti. Mentre alcuni elogiano la sua genialità, altri temono la perdita dell'umanità di fronte a questa fusione tra corpo e tecnologia.
Tuttavia, se si guarda oltre le reazioni emotive, la storia di Coffetti si inserisce in un contesto più ampio di progressi tecnologici applicati al corpo umano. Diversi esempi includono i pacemaker, i defibrillatori sottocutanei e i microinfusori di insulina utilizzati da milioni di persone in tutto il mondo. Nel 2015, il Politecnico Federale di Losanna ha sviluppato un chip sottocutaneo per monitorare in tempo reale la concentrazione di varie molecole nel sangue.
La storia di Coffetti solleva la questione fondamentale della percezione pubblica verso l'integrazione tra corpo e tecnologia. Mentre l'accettazione è generalmente positiva quando la tecnologia viene utilizzata per combattere malattie o disabilità, la stessa accettazione non è sempre estesa a chi sceglie di migliorare il proprio corpo per ottenere funzioni aggiuntive o ludiche.
Coffetti stesso ha affrontato le critiche definendo il suo approccio al transumanesimo come una ricerca di "potenziamento" anziché una depersonalizzazione. Paragona il suo desiderio di miglioramento attraverso la tecnologia all'uso di farmaci e sostanze chimiche per affrontare le sfide fisiche o cognitive.
Il transumanesimo, come corrente culturale, propone l'evoluzione della specie umana attraverso l'integrazione di tecnologie avanzate. L'ingegneria genetica, la nanotecnologia e l'intelligenza artificiale sono solo alcune delle aree che i transumanisti ritengono fondamentali per superare i limiti umani.
Coffetti sostiene che il transumanesimo non rappresenta una perdita di umanità, ma piuttosto un'opportunità di potenziare le capacità umane. Il suo approccio all'upgrade del corpo riflette una visione a lungo termine di una coesistenza armoniosa tra uomo e tecnologia.
La storia di Mattia Coffetti ci invita a riflettere sul futuro della relazione tra corpo umano e tecnologia. Se da un lato emergono timori legati alla perdita di identità umana, dall'altro, si apre un dibattito sulla possibilità di superare i limiti umani attraverso l'innovazione tecnologica. La strada verso una coesistenza biologica con la tecnologia potrebbe essere più vicina di quanto immaginiamo.
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